Progetto

Le pratiche teatrali e le arti figurative sono ormai ritenute terreni contigui di un rigoglioso paesaggio intrecciato. Sono i princìpi della visione che innervano l’essenza e la funzione del teatro, che quindi si configura come una pratica artistica fondata sull’elemento narrativo-drammaturgico e sui meccanismi di visione-visionarietà. I primi decenni del Novecento vedono l’avvio di un’approfondita riflessione teorica sugli statuti epistemologici del teatro e delle arti caratterizzate dalla dimensione visiva. Si pensi per l’Italia al magistero di Carlo Ludovico Ragghianti che partendo dall’assunto craighiano per cui “l’arte del teatro consiste nel far vedere”, individua proprio nell’elemento visivo il minimo comun denominatore che consentiva di riunire, nello stesso orizzonte concettuale, arti dello spettacolo, arti figurative e cinema, aprendo così la strada a inedite relazioni e a nuove modalità di indagine storica. Precursore della transmedialità come modello ermeneutico, Ragghianti arriverà a definirsi nel 1974 un “linguista delle arti della visione”, scavalcando così i limiti di un sapere specialistico, aspetto, questo, che ci conforta anche della necessità di una proposta interdisciplinare.

In merito all’esplorazione del fenomeno artistico contemporaneo nel suo farsi, ad oggi emergono gradi diversi di maturazione dell’approccio scientifico allo studio delle processualità artistiche, a seconda dei settori e quindi anche della bibliografia critica di riferimento. Se, infatti, tale metodologia può dirsi avanzata negli studi delle arti performative e digitali, in virtù anche dell’interesse crescente dagli anni Ottanta in poi intorno alle possibilità e necessità di catalogare e archiviare l’effimero, risulta invece evidente come nell’ambito più strettamente storico-artistico questo procedimento di studio sia innovativo, e ciò malgrado la rivoluzione artistica del secondo dopoguerra che vede diventare protagonista il gesto pittorico, laddove i confini tra (action) painting e performing arts si fanno imprecisati.

Da questo punto di vista, la piattaforma memart.it  (lasciandosi ispirare dal virtuoso Progetto di Ricerca di Ateneo 2018_48 “Documenti d’artista. Mappatura digitale dei processi creativi fra arti visive e performative” – Responsabile scientifica: Prof.ssa Eva Marinai, Dipartimento Civiltà e Forme del Sapere, Università di Pisa), intende mostrare e comparare i linguaggi artistici e le possibili e fertili interconnessioni di chi, in Sicilia, si è fatto custode di un patrimonio testimoniale, antropologico e storico-culturale giungendo così a farsi archivio vivente.

Gli obiettivi e la metodologia

La pulsione archivistica nell’epoca delle tecnologie digitali ha prodotto un’inarrestabile tensione alla condivisione di banche dati che richiedono selezione ed elaborazione. All’interno di questo variegato panorama, il web può soddisfare la funzione di archivio per permettere di condividere documenti utili alla ricerca. Tuttavia, perché il suo uso non sia limitato ad essere semplice “contenitore” (definito anche “archivio di deposito”, fase intermedia e non conclusiva della sistemazione), bisogna prevedere non soltanto azioni di raccolta, digitalizzazione e meta datazione, ma mantenere e incentivare la relazione tra archivio e comunità. Gli eterogenei materiali d’artista raccolti costituiranno l’ideale punto d’avvio per una disamina sulla memoria dell’arte scenica quale istanza eminentemente dinamica, operando una rilettura a carattere interdisciplinare. La ricerca contribuisce a definire nuove forme di storicizzazione del lavoro artistico contemporaneo, giovandosi sia della varietà delle competenze coinvolte, sia della dimensione cross-mediale che caratterizza la piattaforma ove i contenuti sono raccolti e pubblicati. Pur nella consapevolezza della caducità del fenomeno performativo (teso a consumarsi nell’istante stesso in cui si realizza), la memoria si elegge a istanza dinamica, capace di restituire – se coltivata a dovere – tangibile concretezza.