Memorie d’artista. Giovanna Brogna Sonnino e le Arti della visione.

Gabriella Tomarchio

Introduzione alla tesi di laurea magistrale in Comunicazione della cultura e dello spettacolo – Università di Catania
Questo lavoro di tesi si presenta come uno studio sul panorama artistico contemporaneo che intende indagare nello specifico l’entità dell’atelier d’artista, inteso come spazio di vita e di creazione, che nella sua lunga tradizione ha ridisegnato il proprio ruolo e i propri significati in virtù di una natura estremamente flessibile. L’atelier, da sempre connotato da una valenza fisica e simbolica di un certo rilievo, ha conosciuto in passato numerose trasformazioni che hanno prodotto una stratificazione di ruoli e funzioni, divenendo il riflesso di cambiamenti legati alle condizioni di produzione e ricezione, nonché del mutare della figura dell’artista stesso. Si è rivelato che quest’ultimo tende ad intrecciare un legame profondo con il proprio atelier, uno spazio dove arte e vita si fondono, avvalorando ancora di più l’interesse dimostrato negli ultimi anni da numerose e ricerche e pubblicazioni che hanno posto l’attenzione sulla lettura di questo luogo che dall’esterno appare come il «locus misterioso dell’antro creativo».1

Nel secolo scorso, l’atelier è stato oggetto di un massiccio ripensamento e riposizionamento, diventando anche bersaglio della critica, in quanto soppiantato da sempre nuovi spazi di produzione artistica e dall’utilizzo sempre più pervasivo della tecnologia. Esso ha dovuto fare inevitabilmente i conti con uno spostamento dell’asse da privato a pubblico come reazione al mutare dei gusti del pubblico e alla spettacolarizzazione dell’arte moderna. Questo ha portato a tracciare nuove vie come, ad esempio, l’inedita possibilità di registrazione del processo creativo dalle sue fasi aurorali fino all’opera completa, offerta dalla fotografia prima e dalla cinematografia dopo, e la contemporanea ‘museofilia’, sintomo di un impulso archivistico, che recuperando la forma tradizionale del collezionismo la converte in pratica artistica, e che sfocia nella musealizzazione degli ambienti dell’atelier affrontando la sfida di avere a che fare con un patrimonio spesso immateriale, sollevando questioni sul piano della valorizzazione e della conservazione.

In questo scenario mutevole e in parte poco esplorato, si è scelto di circoscrivere l’attenzione al concetto di Casa Museo, tipologia museale singolare che nasce dall’incontro di due entità distinte: un’abitazione privata, spesso appartenuta a un personaggio celebre dell’ambito culturale e artistico, che viene trasformata in un museo fruibile da un pubblico. Contenitore dell’esistenza di chi ci ha vissuto, la Casa Museo possiede un valore storico e collettivo inestimabile che giustifica la sua istituzionalizzazione affidata a museologi e storici che ne curano il percorso espositivo, creando un ponte tra la componente materiale e quella immateriale, naturalmente legata alla memoria. Essa diventa un’ideale ‘macchina del tempo’ in cui il passato viene posto in uno stato freezing restituendo il racconto di un vissuto che diviene universale. Nel caso degli artisti, indagare gli spazi abitati, che spesso coincidono con l’atelier stesso, significa ricavare preziose informazioni poiché «noi possiamo “leggere” gli atelier come fossero testi, rivelatori, a loro modo quanto le opere».2 Le parole di Brian O’ Doherty trovano una piena conferma per il caso di studio che è stato scelto per questo lavoro. All’interno della recente e interessante tendenza che vede gli artisti stessi concepire vere e proprie case abitate e vissute come musei, curando ogni aspetto dell’esposizione, si colloca il percorso biografico e artistico dell’artista visuale catanese Giovanna Brogna Sonnino, acclamata e riconosciuta figura che vanta nel corso della sua carriera un’instancabile attività di sperimentazione e di ibridazione tra i diversi linguaggi della fotografia, del cinema, della scrittura e delle performing arts e la cui affascinante produzione, estremamente variegata e poliedrica, è ancora in parte da scoprire. Dal 2009 Brogna Sonnino ha intrapreso l’ambizioso progetto, ancora in corso, di trasformare gradualmente la propria dimora in Casa Museo, che è stata resa accessibile a un primo gruppo di visitatori durante la stesura di questo lavoro, situata nella storica Via Plebiscito a Catania.

Pertanto, l’elaborato si propone di fornire nel primo capitolo un quadro, sebbene non esaustivo per le discipline coinvolte, di carattere storico riguardante la figura dell’atelier e dei suoi reciproci rapporti con l’artista e l’immaginario romantico ad essi associato, punto di partenza e di approdo per un discorso più ampio che abbraccia l’evoluzione dello spazio dell’arte, dalle botteghe tardo-medievali alle Wunderkammer, passando per l’interesse per la documentazione della creatività dell’artista, delle sue maniere e abitudini, fino all’era cui si registra una progressiva emancipazione dall’atelier a favore di nuovi e alternativi spazi. Il secondo capitolo sarà invece focalizzato sul delineare il passaggio dalla sfera privata a quella pubblica, concependo l’atelier non soltanto come luogo di produzione ma anche di esposizione e in cui si rintraccia la ricerca di una destinazione che ne garantisca la sopravvivenza attraverso la pratica della museificazione. Dopo aver passato a rassegna le caratteristiche formali della Casa Museo, intesa come bene culturale, sono presi in esame due casi studio nella regione siciliana con la finalità di osservare da vicino le recenti strategie messe in campo e la lettura del ritratto e delle opere dell’artista: La Casa Museo di Luigi Pirandello di Agrigento, e quella del compositore Vincenzo Bellini a Catania. La visita diretta nei due musei ha permesso di rilevare interventi sul sito che, reduci da processi di rinnovamento recenti, condividono l’intenzione di valorizzare e amplificare l’offerta museale attraverso l’integrazione di un apparato tecnologico e multimediale senza tuttavia snaturare gli ambienti e l’atmosfera.

L’analisi e la visita di queste due esperienze museali si pone come imprescindibile lavoro preliminare per effettuare un confronto con l’attuale e personale allestimento della Nostra per comprendere in quale misura e dove può collocarsi nel panorama attuale.

Il terzo capitolo sarà dedicato infatti interamente all’approfondimento della vicenda artistica di Brogna Sonnino, fornendo coordinate circa la sua poetica, profondamente radicata a un’autentica soggettività, e analizzando il suo personale rapporto con le arti, il simbiotico connubio tra arte e vita, l’ossessione verso l’accumulo di oggetti e la volontà di preservarli, e la sua abitazione dove studio, archivio e museo coesistono sovrapponendosi nella costruzione sistematica di una narrazione autobiografica del sé attraverso le sue opere. È proprio in esse che l’artista ha disseminato pezzi di sé, ed è partire dalla loro analisi che appare possibile ricavare un ritratto quanto più completo, seppur fluido e frammentario, della sua identità. Pertanto, il quarto capitolo ambisce ad esplorare a fondo la corposa produzione dell’artista attraversata dalla straordinaria capacità visuale nonché da un costante piglio sperimentale: si esaminerà l’attività cinematografica, radicata nella ricerca di un’ anarchia grammaticale unita all’utilizzo alternativo del mezzo, quella fotografica, contraddistinta da una delicata intimità e una naturale inclinazione a catturare le piccole cose della realtà senza filtri, e il suo approccio con la scrittura del sé che approda all’integrazione con l’immagine nella congeniale forma del fototesto. Infine, verranno esaminate le peculiari forme artistiche degli offerings, cioè piccoli vassoi che incapsulano nostalgici momenti passati, e degli altarini, vere e proprie installazioni che elevano a un livello superiore il concetto di ‘offerta’ e che fissano tappe di vita e la visione sul mondo dell’artista, cristallizzando le sfaccettature della propria identità. Per la stesura è stato possibile basarsi su fonti dirette, prima fra tutte le interviste che l’artista ha gentilmente concesso presso la sua dimora in più incontri e che si ringrazia sentitamente, oltre ad avere avuto accesso ad una variegata ed eterogenea quantità di materiali di archivio forniti da Brogna Sonnino stessa, tra cui documenti, articoli, cataloghi, fotografie, la maggior parte delle quali scattate personalmente e allegate in appendice.

Questo lavoro, in virtù della sua intrinseca multidisciplinarietà, ha permesso di entrare in contatto con un’esperienza di vita e di arte unica ed eccezionale. Gli incontri con Brogna Sonnino, durante le interviste, sono sempre stati motivo di arricchimento e di scoperta, basati su un incontro che ha prodotto naturalmente un’amichevole intesa di sensibilità. Questi presupposti hanno permesso di elaborare un progetto dal carattere umano e dinamico, che mette luce su un ricco vissuto faticosamente e meticolosamente archiviato in cui chiunque può riconoscersi. Si è trattato di entrare fisicamente e metaforicamente nel mondo quotidiano e interiore dell’artista che si è messa a disposizione nel ripercorrere e (ri)narrare per l’occasione il proprio vissuto, seppur esibito in ogni angolo della propria casa.

Contenere l’universo intero dell’artista ha rappresentato un’ardua sfida data la sua continua capacità di rielaborazione e rinnovamento, tuttavia, la parabola esistenziale di Giovanna Brogna Sonnino offre ancora spazio per ulteriori indagini sulle potenzialità espressive del visuale unite alla necessità di sconfinare i vari media per un linguaggio personale, autentico, e inquieto. Questo può stimolare e abbracciare riflessioni sull’attuale stato dell’arte e degli artisti del nostro presente, oltre a sottolineare il valore inestimabile di una Casa Museo quella di Via Plebiscito, scrigno di un archivio ‘magmatico’ capace di rispondere a un desiderio collettivo e universale di memoria.


1 O’ Doherty, B., “Studio e galleria. Il rapporto tra il luogo in cui l’arte si crea e lo spazio in cui viene esposta”, in B., O’ Doherty, B., Inside the White Cube. L’ideologia dello spazio espositivo, Milano, Johan & Levi, 2012, p. 90.

2 O’ Doherty, B., “Studio e galleria. Il rapporto tra il luogo in cui l’arte si crea e lo spazio in cui viene esposta”, in B., O’ Doherty, Inside the White Cube, p. 92.


Gabriella Tomarchio, nata nel 1997 a Catania, nel 2020 ha conseguito la laurea triennale in Lingue e Culture Europee, Euroamericane ed Orientali. In parallelo ha conseguito anche il diploma al corso biennale di alta formazione regionale in Scrittura e Storytelling per cinema, teatro, narrativa, giornalismo e pubblicità nel centro di formazione Viagrande Studios. Ha lavorato in diversi Festival del territorio siciliano, come il Catania Book Festival e il Taormina Book Festival. Nel 2023 è stata selezionata dall’Università degli Studi di Catania come membro della giuria giovani per la categoria Venezia Classici in occasione della 80^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. L’anno successivo consegue la laurea magistrale in Comunicazione della Cultura e dello Spettacolo. Email: gabr.tomarchio@gmail.com

Gabriella Tomarchio was born in Catania, 1997. In 2020 she earned a Bachelor’s Degree in European, Euro-American, and Oriental Languages and Cultures, while at the same time she obtained a diploma for a two-year advanced regional training course in Writing and Storytelling for cinema, theater, fiction, journalism, and digital advertising at Viagrande Studios. She has also worked in various festivals in the Sicilian territory, such as the Catania Book Festival and the Taormina Book Festival. In 2023, she was selected by the University of Catania as a member of the Venice Classics Jury at the 80st Venice International Film Festival. The following year, she earned a Master’s Degree in Culture and Entertainment Communication. Email: gabr.tomarchio@gmail.com