Giovanna Brogna Sonnino
Mi sento sempre un po’ fuori luogo, non mi sento solamente una regista, un’artista, una fotografa, mi sento sempre nel posto sbagliato, però io sono sempre stata così […] mi piace fare tante cose.
Giovanna Brogna Sonnino nasce il 23 aprile del 1955 a Catania. Il territorio siciliano è produttore di forze e tensioni che la condurranno presto alla volontà di lasciare l’isola con la prospettiva di prendere parte a nuove dimensioni sociali e culturali oscillando frequentemente tra entusiasmo creativo e un privato ingombrante, coniugato a una sensibilità acuta e a tratti dolorosa. Con una formazione in Storia dell’Arte coltivata a Firenze, nel 1980 si trasferisce a Roma per iniziare il lavoro di regista per Rai 2, Rai Educational e Rai Sat Art, realizzando diversi servizi e documentari. Negli anni ha percorso molteplici strade all’insegna di una continua intersezione di forme e linguaggi e un’incessante spinta sperimentale, adottando sempre la propria soggettività come metro di misura e facendo del suo lavoro uno strumento di indagine del mondo e un punto di contatto con gli altri. Il video, la fotografia, la scrittura, le performing arts, la pittura: è nel loro fondersi e intrecciarsi che è possibile ricavare un ritratto quanto più completo dell’artista catanese iscrivendo il suo lungo lavoro in un’ininterrotta narrazione autobiografica che si alimenta e trova la sua massima espressione nella propria Casa Museo in Via Plebiscito a Catania.
Territorio
Nel 2003 Brogna Sonnino ritorna stabilmente a Catania, acquistando un appartamento in un palazzo d’epoca nella zona popolare della nota Via Plebiscito nel cosiddetto quartiere Angeli Custodi, così chiamato per la presenza dell’omonima chiesa settecentesca, poco distante da Castello Ursino. L’attuale Via Plebiscito separa il centro storico e urbano dalla città contemporanea. La scelta della zona, geograficamente periferica, animata da una presenza antropologica eterogenea, viene percepita dall’artista come una realtà fuori dagli schemi e ancora autentica, una vera e propria città “altra”, condividendo con l’artista Perry Farrell il pensiero sulla periferia richiamato nello stesso nome d’arte ‘peripheral’: «Io ero [da poco] tornata a Catania, […] lui pensa che nella periferia ci sia un valore aggiunto, e io in quel momento lo pensavo pure […]».
Ciò ci racconta una volontà di stare ai margini e profittare di uno sguardo sul territorio simbolicamente distante dal centro culturale. Negli anni sarà di fatto la sua abitazione ad attirare fino ad oggi un entourage di amici e curiosi invitati a prendere parte al percorso pensato da Brogna Sonnino nella sua Casa Museo ancora in fase di allestimento.
Spazio
Lo storico edificio situato in Via Plebiscito si configura ben presto come luogo di creazione e abitazione privata, secondo una modalità ben documentata nel panorama artistico novecentesco e contemporaneo. Essa si intreccia man mano con la sensibilità di Brogna Sonnino, prendendo parte attiva a un complesso e capillare processo di archiviazione e rielaborazione del lavoro artistico nonché del suo personale vissuto; un luogo dove studio, archivio e museo coesistono fino a sovrapporsi per diventare una Casa Museo pensata e vissuta come tale, e in cui è assecondata la ricercata fusione tra arte e vita. In essa il percorso museale è scandito da particolari altarini che rimandano alla vita dell’artista accogliendo ed esponendo i materiali che possano esserne testimonianza, esibendo le fondamenta della propria visione sul mondo, adempiendo alla funzione di cristallizzare le sfaccettature della propria identità.
Imprescindibile, a questo proposito, il rapporto di simbiosi con il proprio studio: «se io dovessi non averla più, perderei parte della mia identità, quindi [la casa] è un prolungamento di me».
“Gli altarini li ho sempre fatti ma non ne avevo la coscienza […] di solito su un ripiano organizzavo qualcosa però era solo un mobile su cui avevo messo delle cose […] la coscienza mi è venuta quando li ho fatti nelle bacheche de Le Ciminiere [per la mostra del 2009]. A casa li ho rifatti con un’idea ben precisa e con un particolare contenuto che è sempre collegato alla memoria.”.
Disegno creativo
“La casa è un cerchio chiuso dove io mi posso realizzare nel mio modo di essere, e [dove] il lavoro è tutto solitario […] però mette anche ansia perché non so se riuscirò a conservarla […] È una casa storica che non è stata devastata, le cose hanno propria vita [e] rappresentano la vita quotidiana del passato e in più c’è il mio percorso capillarmente descritto che poi è quello della vita di tutti, [d’altronde] non tutti si mettono a documentare la propria vita ma quando lo fai tutti si mettono a farlo guardando la tua.”
La Casa Museo accoglie la corposa produzione dell’artista, da quella cinematografica a quella fotografica, fino a passare alla parte “materiale” rappresentata dalle peculiari forme artistiche degli offerings, cioè piccoli vassoi che incapsulano nostalgici momenti passati, e degli altarini, vere e proprie installazioni che scandiscono il percorso museale.
Processo creativo
Per la sua straordinaria poliedricità, gli espedienti artistici adottati sono molteplici. La casa, ad esempio, che è caratterizzata da un continuo e accurato assemblaggio di oggetti che compongono l’archivio inglobati in un processo più ampio di museificazione, è allestita secondo la consuetudine della forma – atlante. Un altro aspetto del lavoro di Brogna Sonnino che rappresenta una costante, condivisa con le altre aree di ricerca, è il recupero della componente artigianale, che nell’attività cinematografica si evidenzia soprattutto nella fase di post-produzione. In questo senso, si inserisce anche la tendenza alla salvaguardia degli oggetti attraverso la loro riproduzione potenzialmente infinita avvalendosi di una piccola camera oscura e di un ingranditore. La forza creatrice dell’artista passa attraverso una vocazione all’accumulo incontrollato di oggetti e alla loro faticosa catalogazione, in una tensione tra volontà irrazionale di conservazione e lucida consapevolezza della loro precarietà. Questa pratica, svuotata da un qualsivoglia atteggiamento puramente narcisistico, è orientata invece verso l’offerta, la condivisione, la restituzione alla vita.
Nell’attività di Brogna Sonnino può essere rintracciata un’assimilazione di esperienze artistiche delle avanguardie storiche e soprattutto delle neoavanguardie degli anni ‘60 e ‘70, rivelando la propria formazione storico-artistica. Inoltre è possibile ravvisare tracce del pensiero positivista di matrice futurista, nonché l’eredità di esperienze collettive come quella del gruppo Fluxus che negli ‘60 promuoveva una fusione ed una progressiva abolizione dei confini tra le arti. Oltre alla forma – atlante, che ha negli esperimenti di Andy Warburg e Georges Didi Huberman, uniti al lavoro di Gerhard Richter degli illustri e riconosciuti e ambiziosi antecedenti, il procedimento di fusione di arte e vita avvicina in maniera sorprendente l’esperienza dell’artista con quella di Kurt Schwitters.
È possibile ravvisare inoltre punti di contatto con lo scrittore Orhan Pamuk e il suo Museo dell’Innocenza, nonché un’affinità dichiarata con l’artista e fotografa francese Sophie Calle.
Bibliografia
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