Il corpo drammaturgico. La creazione di una performance di Roberto Zappalà e Nello Calabrò

Sofia Bordieri

Introduzione alla tesi di laurea magistrale in Comunicazione della cultura e dello spettacolo – Università di Catania
È a partire dalla domanda “come nasce uno spettacolo di danza?” che prende forma il presente lavoro di tesi il cui obiettivo è quello di cercare, raccogliere e analizzare i materiali che hanno dato vita alla recente (2022) creazione, firmata dalla Compagnia Zappalà Danza, Kristo (quadri di dubbia saggezza). Lo studio ha intercettato i meccanismi di scrittura e costruzione drammaturgica, dall’idea alla messa in scena, con uno sguardo duplice, interno ed esterno,1 e si sviluppa in tre capitoli in cui viene tessuto un percorso graduale, necessario a: individuare il significato che oggi hanno le parole danza, drammaturgia, corpo, performance, nella prima parte; analizzare le figure degli autori nella seconda; ricostruire il periodo di gestazione dello spettacolo nella terza.

Nel primo capitolo si affronta la storia, nel passaggio dall’Ottocento al Novecento, di una danza, antenata di quella contemporanea, che si scioglie dalla lunga sudditanza alla musica e al testo, come voleva la tradizione del balletto classico, per diventare espressione artistica legata alla dimensione originaria del movimento. Nella ricerca di un contatto con la natura, si addensano istanze storico-culturali che si esprimono attraverso le sperimentazioni teatrali e coreutiche, ma anche tramite quelle artistico-figurative e performative, in cui, di conseguenza, iniziano a perdere di importanza interpretazione, finzione e la supremazia del testo tipiche dell’Ottocento. Quell’attenzione, verso il corpo e il suo agire, ha portato ad un sempre più sfumato sconfinamento delle pratiche artistiche dirette verso un’essenza della ricerca creativa più che a una netta suddivisione dei campi d’indagine. È stato, dunque, analizzato il concetto di drammaturgia, a partire dal primo impiego del termine fino al delineamento del suo significato. Quest’ultimo, storicamente fluido, posiziona la drammaturgia e la figura del dramaturg su più livelli: tra l’essere opera letteraria o autore di un prodotto testuale per il teatro, e il complesso di processualità che regolano l’attività drammatica. Tra le molte posizioni e definizioni, quella particolarmente rappresentativa in questa sede è quella delineata da Renata Molinari e Claudio Meldolesi nel testo Il lavoro del dramaturg (2009) in cui l’agire del drammaturgo è «non tanto un lavoro di impaginazione di azioni, ma piuttosto un lavoro di creazione di strumenti per agire».2 Il corpo, posizionato al centro di quell’agire, diventa autore di drammaturgia, e, alla base di ciò, vi è una diversa considerazione di esso. La ricca produzione filosofica e concettuale inizia a svilupparsi proprio negli anni in cui la danza, in rottura con la tradizione, rivoluziona il proprio paradigma estetico e poetico in quel percorso che la porterà a legittimarsi come arte autonoma. L’attenzione si sposterà, allora, sulle principali posizioni filosofiche riguardanti il corpo con il pensiero di Spinoza, Nietzsche, Daumal, Schopenhauer, Husserl, Valery, Merleau-Ponty.

L’interrogazione sullo statuto del corpo slitterà su quello che lega drammaturgia e danza. Si tratterà quindi di ‘processo’ e creazione, con un accenno alla storia tersicorea dei maggiori coreografi italiani negli anni Ottanta della cosiddetta danza d’autore.

Nel secondo capitolo ci si è soffermati sulle figure di Roberto Zappalà e Nello Calabrò. Il primo, direttore artistico di Scenario Pubblico, fondatore della Compagnia Zappalà Danza e ideatore del Modem, elaborazione pratico-teorica del linguaggio della sua compagnia, analizzato attraverso il supporto del testo Omnia Corpora. L’attenzione si sposterà poi sulla figura di Nello Calabrò, drammaturgo della Compagnia Zappalà Danza dai primi anni Duemila, dove centrale sarà il suo testo Passi falsi. Drammaturgia come metodo investigativo, entro cui è possibile rintracciare l’atteggiamento e il posizionamento del drammaturgo nei confronti delle creazioni.

Nel terzo e ultimo capitolo sono stati raccolti i materiali dello spettacolo Kristo (quadri di dubbia saggezza), ovvero fonti scritte e iconografiche del drammaturgo Calabrò, fonti orali degli attori coinvolti concepite con il metodo dell’intervista, fonti audiovisive visionate e reperite dall’archivio di Scenario Pubblico. A partire dai documenti di genesi, condivisi dal drammaturgo, si è cucito un percorso analitico e documentario, grazie all’intercettazione di scritture e testimonianze orali raccolte con interviste concesse alla sottoscritta dai principali attori coinvolti: autori, performers protagonisti, performers non protagonisti, musicisti. Tutti i materiali sono stati necessari per individuare scelte e scarti fatti per la costruzione scenografica, la partitura dei corpi in scena e l’approccio artistico. Si è proceduto poi con il confronto di cinque versioni del testo, mutato fino all’ultima messa in scena presso il Teatro Stabile di Catania nel dicembre 2022. Infine, il reperimento di tutti gli articoli di recensione cartacei e digitali, si è reso basilare all’analisi delle posizioni più rilevanti per intercettare l’accoglienza dello spettacolo tra apprezzamento e critica.

Kristo (quadri di dubbia saggezza) è, come emergerà, una performance di teatro visivo. La prima, in tal senso, per Zappalà e Calabrò che, nella loro collaborazione, hanno concretizzato suggestioni in un modo diverso dal solito, lavorando con procedimenti comunque analoghi a quelli che caratterizzano il loro processo di creazione di opere tersicoree. È risultato evidente che la drammaturgia dello spettacolo, qui intesa come il processo di scrittura scenica, è stata tessuta dalla primordiale idea di Zappalà sostenuta e sviluppata poi dal drammaturgo e data alla luce gradualmente da Massimo Trombetta con l’aggiunta poi di Salvatore Romania. Il lavoro di questi ultimi è, infatti, di pari valore creativo rispetto a quella degli autori, in un lavoro di composizione polifonico non permanente, ma in continua elaborazione e trasformazione. A valle della ricerca svolta emergono diverse difficoltà di raccolta, legate alla complessa ed effimera operazione che è la processualità creativa. Il periodo di creazione è stato piuttosto lungo, quasi decennale, un lasso di tempo, chiaramente, non impiegato per intero alla creazione, ma semplicemente spalmato e interessato da periodi circoscritti di intensa attività. Questo primo aspetto si lega alla complessità di delineare una timeline precisa dei tempi. I documenti scritti poi, prodotti spontaneamente da Calabrò, sono appunti che rimandano a idee, intuizioni, suggestioni, definibili spesso come ipertesti effimeri, non sempre facilmente ravvisabili e reperibili nelle memorie. Il metodo dell’intervista è sicuramente stato un grande supporto per effettuare verifiche incrociate e per far emergere scarti passati e nuovi spunti, emersi perché sollecitati. Gli elementi del processo creativo saranno dunque molto più numerosi di quelli qui riportati e analizzati. Nonostante la costretta parzialità, il risultato ottenuto è una raccolta documentaria polifonica che potrebbe risultare un efficace supporto per la conservazione del bene immateriale che è lo spettacolo. I materiali video sono oggi gli strumenti più efficaci di trasmissione e conservazione, ma riferendosi soltanto all’apparato visivo finale, risultano anch’essi parziali rispetto all’esperienza. Se l’obiettivo iniziale del suddetto lavoro era quello di cucire lo storico della performance, nella conclusione l’auspicio è che questo tipo di lavoro possa dare spunti per delineare dei punti cardine di un processo documentario e analitico per future performance. Questo tipo di lavoro potrebbe essere assimilato in futuro dalla Compagnia Zappalà Danza, la comunità artistica e scientifica per la trasmissione e la conservazione delle memorie d’artista e le relative creazioni e, altresì potrebbe essere utile allo spettatore, a cui può essere offerta la possibilità di arricchire la propria esperienza e conoscenza nei confronti di un prodotto performativo. 


1 La sottoscritta è stata interna al cast delle comparse impegnate nelle date del Teatro Stabile di Catania (9-18 dicembre 2022).

2 Molinari R., Meldolesi C., Il lavoro del drammaturg. Nel teatro dei testi con le ruote, Milano, Ubulibri, 2007, p.25.


Sofia Bordieri,nata nel 1996 in provincia di Siracusa, nel 2018 ha conseguito il diploma accademico di primo livello presso l’Accademia Nazionale di Danza di Roma. Dopo aver frequentato i percorsi Modem Atelier e Modem Pro a Scenario Pubblico/Compagnia Zappalà Danza, nell’aprile 2023 ha conseguito la laurea magistrale in Comunicazione della Cultura e dello Spettacolo presso l’Università di Catania. Nel 2023 è stata selezionata per il Biennale College ASACScrivere in residenza Scrivere di Danza presso la Biennale di Venezia occasione durante la quale ha redatto il saggio Gemelli siamesi; tra danza e teatro il lavoro del danzatore e dell’attore. Attualmente fa parte della redazione di PAC – Paneacquaculture, Unict Magazine ed è curatrice del blog Humus di Scenario Pubblico. sofia.bordieri@gmail.com

Sofia Bordieri, was born in 1996 in the province of Syracuse. In 2018 she got her bachelor’s degree in dance at Accademia Nazionale di Danza of Rome. After graduating, she attended Modem Atelier and Modem Pro, dance programs of Scenario Pubblico/Compagnia Zappalà Danza, completing them in 2019. In 2023, she graduated in Culture and Performing Arts Communication master course at University of Catania. In the same year she was selected for the Biennale College ASACScrivere in residenza Scrivere di Danza by the Biennale of Venice, where she wrote her essay Gemelli siamesi; tra danza e Teatro il lavoro del danzatore e dell’attore. Now she is part of PAC – Paneacquaculture and Unict Magazine editorial staff and she is the curator of Humus, the Scenario Pubblico’s blog. sofia.bordieri@gmail.com